“Un giorno o l'altro passerò all'eroina.”
Questo pensava Gregory davanti alla porta aperta del frigorifero. In ginocchio, intento a ingurgitare cubetti di pancetta affumicata, mentre la luce bianca del frigorifero illuminava la sua sagoma da modello di intimo maschile sovrappeso. Già si vedeva accomunato ai vari Belushi e Staley, vittime come lo sarebbe stato lui di uno speedball particolarmente glorioso.
Che un giorno sarebbe passato a qualcosa di molto più pesante lo sapeva benissimo sin dall'età di sedici anni, quando aveva preso a rollarsi i primi sfilatini dietro le gradinate del palazzetto dello sport durante i concerti della scuola. I novelli musicisti suoi colleghi parlavano di chitarre, di accordature e del nuovo album dei Metallica. Chi ce la faceva ad abbattere la solitudine ed il calore della certezza di un cinque dita pomiciava con la tipa di turno nei bagni. Lui, lo smilzo e Francesco aspiravano tetraidrocannabinolo soffiandolo fuori in grosse e dense nuvolette grige.
Che un giorno sarebbe passato a qualcosa di molto più pesante lo sapeva anche suo padre, anche se lui lo aveva capito che Greg frequentava ancora le elementari. Lo osservava mentre col figlio dei vicini si dondolava sulla loro altalena. Greg spingeva Dario per venti minuti. Poi con calma sedeva sull'altro seggiolino e girava su se stesso tenendosi ben ancorato e saldo alle corde che reggevano il seggiolino. Dopo aver girato su se stesso una dozzina di volte si lasciava andare sollevando i piedi da terra, godendosi così quei quindici secondi di effetto trottola. Una volta in piedi rideva e barcollava come un idiota.
Suo padre, vedendogli vomitare la merenda per il quarto giorno di fila sul prato dei vicini, gli si avvicinava sorriddendo e spingendolo verso casa sussurrava “Lo sai che sei una testa di cazzo, vero?” Il tutto alternato dalle immancabili frasi fatte, come l'ammissione del come siano fatti i ragazzi, rivolte ai genitori dell'altro ragazzino, che intanto rideva a crepapelle chiedendo ai suoi se poteva anche lui cimentarsi nell'impresa trottolante.
Ed era di fronte al diniego sorridente dei genitori del piccolo Dario che il padre di Greg sorrideva nuovamente a sua volta, ripetendo ancora a denti stretti a Greg:
“Lo sai che sei una testa di cazzo, vero?”
Questo pensava Gregory davanti alla porta aperta del frigorifero. In ginocchio, intento a ingurgitare cubetti di pancetta affumicata, mentre la luce bianca del frigorifero illuminava la sua sagoma da modello di intimo maschile sovrappeso. Già si vedeva accomunato ai vari Belushi e Staley, vittime come lo sarebbe stato lui di uno speedball particolarmente glorioso.
Che un giorno sarebbe passato a qualcosa di molto più pesante lo sapeva benissimo sin dall'età di sedici anni, quando aveva preso a rollarsi i primi sfilatini dietro le gradinate del palazzetto dello sport durante i concerti della scuola. I novelli musicisti suoi colleghi parlavano di chitarre, di accordature e del nuovo album dei Metallica. Chi ce la faceva ad abbattere la solitudine ed il calore della certezza di un cinque dita pomiciava con la tipa di turno nei bagni. Lui, lo smilzo e Francesco aspiravano tetraidrocannabinolo soffiandolo fuori in grosse e dense nuvolette grige.
Che un giorno sarebbe passato a qualcosa di molto più pesante lo sapeva anche suo padre, anche se lui lo aveva capito che Greg frequentava ancora le elementari. Lo osservava mentre col figlio dei vicini si dondolava sulla loro altalena. Greg spingeva Dario per venti minuti. Poi con calma sedeva sull'altro seggiolino e girava su se stesso tenendosi ben ancorato e saldo alle corde che reggevano il seggiolino. Dopo aver girato su se stesso una dozzina di volte si lasciava andare sollevando i piedi da terra, godendosi così quei quindici secondi di effetto trottola. Una volta in piedi rideva e barcollava come un idiota.
Suo padre, vedendogli vomitare la merenda per il quarto giorno di fila sul prato dei vicini, gli si avvicinava sorriddendo e spingendolo verso casa sussurrava “Lo sai che sei una testa di cazzo, vero?” Il tutto alternato dalle immancabili frasi fatte, come l'ammissione del come siano fatti i ragazzi, rivolte ai genitori dell'altro ragazzino, che intanto rideva a crepapelle chiedendo ai suoi se poteva anche lui cimentarsi nell'impresa trottolante.
Ed era di fronte al diniego sorridente dei genitori del piccolo Dario che il padre di Greg sorrideva nuovamente a sua volta, ripetendo ancora a denti stretti a Greg:
“Lo sai che sei una testa di cazzo, vero?”
( tratto da "Greg and the Tropea Onions" - MDX Ediz. 2003 )