La cittadina di Criptalie negli anni novanta non aveva nulla da invidiare alla fantomatica Castle Rock delle storie di King. La differenza sostanziale forse è che c'erano molti meno mostri e molte più teste di cazzo. Erano gli anni del grunge e delle camice di flanella a quadri, del panino “cotoletto” (carne panata misto erbette, misto pomodori, misto farina di granito) e del Braghello, la valida alternativa festaiola al più famoso Brachetto, di cui bastava sorseggiarne due bicchierini per rivoltare una Panda con un rutto. Una violenza gassosa a metà strada tra il crodino ed il gingerino recoaro. Era come avere una piccola nova pronta ad esplodere nella trachea.
Greg era andato via da Criptalie appena terminate le scuole dell'obbligo, intendendo per obbligo i calci nel culo che suo padre gli razionava per spedircelo. Eppure, nonostante gli anni trascorsi, Greg amava ritornare in quel posto fatto di piccole certezze e paradossali perplessità. Gli anni non avevano cambiato il volto della città. Ne erano passati quindici, ma gli unici cambiamenti veri erano stati lo spostamento dell'ufficio della Polizia Municipale, rimpiazzato dal Pub Magenta, il crollo totale del contrabbando di sigarette e l'outing di Jerry, un tempo noto donnaiuolo, dichiaratosi apertamente frocio.
Fu per questa malinconia e affezione di fondo che quando un piccolo comune calabro decise di annullare la loro esibizione dopo le vivaci proteste degli animalisti feliniferi, i ragazzi pensarono di spostare il tutto in quel di Criptalie. Dovevano trovare nuovi spunti compositivi per nuovi pezzi e quella piccola deviazione non avrebbe potuto che far bene alla band.
Arrivarono in città a tarda sera. Le strade erano deserte e gli incroci inutilmente illuminati solo dalla bieca intermittenza del giallo semaforico. Il piccolo furgone smarmittava fumoso nella quiete della notte e Willie e Ric già dormivano nel retro, dopo aver tirato giù le ultime due birre.
“Quindi tu vivevi qui?” gli chiese Oscar guardandosi intorno mentre cercava di far entrare la seconda.
“Sembrerebbe di sì” sorrise Greg accanto a lui.
“E quando hai capito che saresti andato via?”
“Più o meno in quarta elementare.”
“Ma va'... e non ci torneresti?”
“Ci tornerei anche domani.”
“E cosa te lo impedisce?”
“Sono andato via perchè credevo che le cose non sarebbero mai cambiate... sai, gli atteggiamenti da provinciali, i gusti musicali, le poche risorse o aspettative.”
“E quindi?”
“E quindi un cazzo, Oscar! Cosa vuoi che ti dica, è una cosa che non riesco a spiegarti. Devi averci vissuto per capire.”
“Va bene va bene, ma noi dove andiamo a dormire stanotte? Quei due lì dietro son già belli che andati.”
“Andiamo dai miei nonni.”
“Dai tuoi nonni? A quest'ora? Ma non dormono?”
“Tranquillo. I nonni dormiranno anche, ma la signora Palma è sempre sveglia.”
“La signora Palma?”
Greg l'aveva conosciuta nella notte dei tempi, quando Efesto aveva forgiato le armi dei ciclopi, il carro del dio sole ed il suo enorme ed ignobile culone, un complesso di ciccia pachidermico e intrasportabile, che lei ancheggiava con movimenti semirotatori durante il cammino. Questo per essere sicura di urtare qualsiasi cosa si trovasse in un raggio d’azione oscillabile tra i quaranta centimetri ed il metro. Inizialmente aveva creduto per quattro lunghi mesi che in realtà fosse Riccardo Cocciante travestito da donna delle pulizie. Era la badante dei nonni di Greg da troppi anni e le sue occupazioni principali consistevano nella manutenzione della casa in toto, nel cucinare quantitativi di cibo al limite dell'umana digeribilità e nel rompere in maniera inconsulta tutto ciò che potesse avere per Greg una valenza affettiva, spirituale, carnale. Dai vinili più rari alle miniature di draghi accumulate nell'adolescenza durante il periodo dangeons & segons.
Non aveva mai saputo il suo cognome. Proprio come lei non era mai stata in grado di spiccicare nessuna frase di senso compiuto che non fosse un sibilato e funereo “Ieeee sooooneee Paaalmaaa”, con cui si presentava solitamente. Tutto il resto era un misto di dialetto privo di vocali e ragliati impronunciabili conditi dall’intercalare “most” con cui la signora Palma, a seconda dell’intonazione, era solita annuire, esprimere diniego, disappunto, rispondere al telefono, incazzarsi, rimproverare e a volte, ma solo in casi rari ed estremi, lanciare anatemi. Il suo significato resta tuttora oscuro.
“Com'è che siamo finiti in questo posto dimenticato da Dio?” Willie si sfregava gli occhi davanti al numero 31 di Via Ferraris.
“Piantala di lamentarti, Willie, non sento il citofono” lo ammonì Greg.
Un rumore stridente di ferraglia e friggitorie cinesi risuonò nel buio seguito da una voce flebile.
“Cosa cazzo è che ha detto?” chiese Oscar accostando l'orecchio alla vecchia pulsantiera in alluminio del citofono.
“Credo abbia chiesto chi è...”
Greg era andato via da Criptalie appena terminate le scuole dell'obbligo, intendendo per obbligo i calci nel culo che suo padre gli razionava per spedircelo. Eppure, nonostante gli anni trascorsi, Greg amava ritornare in quel posto fatto di piccole certezze e paradossali perplessità. Gli anni non avevano cambiato il volto della città. Ne erano passati quindici, ma gli unici cambiamenti veri erano stati lo spostamento dell'ufficio della Polizia Municipale, rimpiazzato dal Pub Magenta, il crollo totale del contrabbando di sigarette e l'outing di Jerry, un tempo noto donnaiuolo, dichiaratosi apertamente frocio.
Fu per questa malinconia e affezione di fondo che quando un piccolo comune calabro decise di annullare la loro esibizione dopo le vivaci proteste degli animalisti feliniferi, i ragazzi pensarono di spostare il tutto in quel di Criptalie. Dovevano trovare nuovi spunti compositivi per nuovi pezzi e quella piccola deviazione non avrebbe potuto che far bene alla band.
Arrivarono in città a tarda sera. Le strade erano deserte e gli incroci inutilmente illuminati solo dalla bieca intermittenza del giallo semaforico. Il piccolo furgone smarmittava fumoso nella quiete della notte e Willie e Ric già dormivano nel retro, dopo aver tirato giù le ultime due birre.
“Quindi tu vivevi qui?” gli chiese Oscar guardandosi intorno mentre cercava di far entrare la seconda.
“Sembrerebbe di sì” sorrise Greg accanto a lui.
“E quando hai capito che saresti andato via?”
“Più o meno in quarta elementare.”
“Ma va'... e non ci torneresti?”
“Ci tornerei anche domani.”
“E cosa te lo impedisce?”
“Sono andato via perchè credevo che le cose non sarebbero mai cambiate... sai, gli atteggiamenti da provinciali, i gusti musicali, le poche risorse o aspettative.”
“E quindi?”
“E quindi un cazzo, Oscar! Cosa vuoi che ti dica, è una cosa che non riesco a spiegarti. Devi averci vissuto per capire.”
“Va bene va bene, ma noi dove andiamo a dormire stanotte? Quei due lì dietro son già belli che andati.”
“Andiamo dai miei nonni.”
“Dai tuoi nonni? A quest'ora? Ma non dormono?”
“Tranquillo. I nonni dormiranno anche, ma la signora Palma è sempre sveglia.”
“La signora Palma?”
Greg l'aveva conosciuta nella notte dei tempi, quando Efesto aveva forgiato le armi dei ciclopi, il carro del dio sole ed il suo enorme ed ignobile culone, un complesso di ciccia pachidermico e intrasportabile, che lei ancheggiava con movimenti semirotatori durante il cammino. Questo per essere sicura di urtare qualsiasi cosa si trovasse in un raggio d’azione oscillabile tra i quaranta centimetri ed il metro. Inizialmente aveva creduto per quattro lunghi mesi che in realtà fosse Riccardo Cocciante travestito da donna delle pulizie. Era la badante dei nonni di Greg da troppi anni e le sue occupazioni principali consistevano nella manutenzione della casa in toto, nel cucinare quantitativi di cibo al limite dell'umana digeribilità e nel rompere in maniera inconsulta tutto ciò che potesse avere per Greg una valenza affettiva, spirituale, carnale. Dai vinili più rari alle miniature di draghi accumulate nell'adolescenza durante il periodo dangeons & segons.
Non aveva mai saputo il suo cognome. Proprio come lei non era mai stata in grado di spiccicare nessuna frase di senso compiuto che non fosse un sibilato e funereo “Ieeee sooooneee Paaalmaaa”, con cui si presentava solitamente. Tutto il resto era un misto di dialetto privo di vocali e ragliati impronunciabili conditi dall’intercalare “most” con cui la signora Palma, a seconda dell’intonazione, era solita annuire, esprimere diniego, disappunto, rispondere al telefono, incazzarsi, rimproverare e a volte, ma solo in casi rari ed estremi, lanciare anatemi. Il suo significato resta tuttora oscuro.
“Com'è che siamo finiti in questo posto dimenticato da Dio?” Willie si sfregava gli occhi davanti al numero 31 di Via Ferraris.
“Piantala di lamentarti, Willie, non sento il citofono” lo ammonì Greg.
Un rumore stridente di ferraglia e friggitorie cinesi risuonò nel buio seguito da una voce flebile.
“Cosa cazzo è che ha detto?” chiese Oscar accostando l'orecchio alla vecchia pulsantiera in alluminio del citofono.
“Credo abbia chiesto chi è...”
( tratto da "Greg and the Tropea Onions" - MDX Ediz. 2003 )