In una città come Milano è facile non incontrarsi mai.
Questo equivale per amici a cui magari si tiene un minimo o per gente con cui ci si ripromette puntualmente di vedersi senza un seguito. Quelli che invece proprio non vuoi incontrare, quelli che a trovarli ti inchiodano almeno dieci minuti (e dieci minuti sono vitali se sei già in ritardo e il tuo autobus sta facendo capolino all’incrocio davanti a te), quelli che vogliono necessariamente convertirti ad un alieno sceso dal cielo a salvarci o venderti qualcosa… no, quelli te li ritrovi sempre tra i coglioni.
“Una firma contro la droga” sento alle mie spalle e l’allegra ragazzotta mi rincorre armata di una penna mentre il suo collega lo chiede addirittura in inglese ad un gruppo di stranieri.
Mi tedia per troppi minuti sino a quando all’ennesimo rifiuto di darle del danaro cerca di riguadagnare il banchetto pieno di volantini e depliant… e la firma? Quella posso metterla. No, stranamente non la vuole più. La mia firma non ferma la droga.
C’è poi questo ragazzo sui ventisei, capelli a spazzola e cartelletta con elastico alla mano. Indossa sempre un piumino di un giallo molto acceso, tanto che lo scambio sempre per un impiegato dell’Anas che vuole indicazioni.
“Qual è l’ultimo libro che hai letto?” mi chiede ogni volta.
Prima si limitava a rimanere immobile al mio passaggio, accontentandosi magari dei miei “scusa, ho fretta” oppure “no grazie, non mi abbono a niente”. Ora no. E’ diventato più scaltro. Pone la domanda, mi affianca seguendo i miei passi e continua ad insistere. Un po’ come un bravo randagio abbaierebbe ad una macchina.
Ultimamente alterna anche la domanda “Ti piace la musica?” – no, ascolto le pause tra una canzone e l’altra – forse perché la compagnia per cui lavora ha ampliato il proprio giro.
All’insistenza di segugio si possono escogitare risposte fantasiose o snocciolare titoli inesistenti, anche se ho personalmente appurato che mandarlo subito affanculo restringe il suo campo d’azione, abbassa il morale e lo espone a ponderare la ritirata.
Eppure la cosa inquietante non è tanto la rottura in sé, quanto il fatto che lo trovo davvero ovunque. Sto cercando di elaborare delle teorie valide a spiegarmi tutto questo prima di cominciare a credere che sia ogni volta il giorno della marmotta. Le cose son due…
- ipotesi emmettbrowniana: il tipo ha la capacità di spostarsi nello spaziotempo correndo verso le M della metropolitana a 88 miglia orarie;
- ipotesi romanzescofollettiana: in realtà non è da solo ma l’eur*club (nome criptato per non pubblicizzare una compagnia di merda) ha assoldato lui e tutti e cinque i suoi gemelli, disseminandoli per il centro di Milano.
Posso solo augurarmi che sviluppi una propensione a variare le domande…
Questo equivale per amici a cui magari si tiene un minimo o per gente con cui ci si ripromette puntualmente di vedersi senza un seguito. Quelli che invece proprio non vuoi incontrare, quelli che a trovarli ti inchiodano almeno dieci minuti (e dieci minuti sono vitali se sei già in ritardo e il tuo autobus sta facendo capolino all’incrocio davanti a te), quelli che vogliono necessariamente convertirti ad un alieno sceso dal cielo a salvarci o venderti qualcosa… no, quelli te li ritrovi sempre tra i coglioni.
“Una firma contro la droga” sento alle mie spalle e l’allegra ragazzotta mi rincorre armata di una penna mentre il suo collega lo chiede addirittura in inglese ad un gruppo di stranieri.
Mi tedia per troppi minuti sino a quando all’ennesimo rifiuto di darle del danaro cerca di riguadagnare il banchetto pieno di volantini e depliant… e la firma? Quella posso metterla. No, stranamente non la vuole più. La mia firma non ferma la droga.
C’è poi questo ragazzo sui ventisei, capelli a spazzola e cartelletta con elastico alla mano. Indossa sempre un piumino di un giallo molto acceso, tanto che lo scambio sempre per un impiegato dell’Anas che vuole indicazioni.
“Qual è l’ultimo libro che hai letto?” mi chiede ogni volta.
Prima si limitava a rimanere immobile al mio passaggio, accontentandosi magari dei miei “scusa, ho fretta” oppure “no grazie, non mi abbono a niente”. Ora no. E’ diventato più scaltro. Pone la domanda, mi affianca seguendo i miei passi e continua ad insistere. Un po’ come un bravo randagio abbaierebbe ad una macchina.
Ultimamente alterna anche la domanda “Ti piace la musica?” – no, ascolto le pause tra una canzone e l’altra – forse perché la compagnia per cui lavora ha ampliato il proprio giro.
All’insistenza di segugio si possono escogitare risposte fantasiose o snocciolare titoli inesistenti, anche se ho personalmente appurato che mandarlo subito affanculo restringe il suo campo d’azione, abbassa il morale e lo espone a ponderare la ritirata.
Eppure la cosa inquietante non è tanto la rottura in sé, quanto il fatto che lo trovo davvero ovunque. Sto cercando di elaborare delle teorie valide a spiegarmi tutto questo prima di cominciare a credere che sia ogni volta il giorno della marmotta. Le cose son due…
- ipotesi emmettbrowniana: il tipo ha la capacità di spostarsi nello spaziotempo correndo verso le M della metropolitana a 88 miglia orarie;
- ipotesi romanzescofollettiana: in realtà non è da solo ma l’eur*club (nome criptato per non pubblicizzare una compagnia di merda) ha assoldato lui e tutti e cinque i suoi gemelli, disseminandoli per il centro di Milano.
Posso solo augurarmi che sviluppi una propensione a variare le domande…
No comments:
Post a Comment