Wednesday 12 May 2010



Serena gli Onions li seguiva da tempo. Per la precisione da quando avevano iniziato a muovere i primi passi nella scena underground milanese. Tre ragazzi calabresi con un'insana passione per la musica hardcore che avevano avuto la fortuna/sfortuna di incrociare le loro strade con quella di Gregory una buffa notte di settembre. Complici un diluvio ed una ruota bucata sulla tosco-romagnola.
Era stata di Serena l'idea di un sito internet ed era lei a tenerlo in piedi documentando tutte le loro esibizioni. Le piacevano proprio quei ragazzi, adorava la loro musica e adorava averci a che fare.
Soprattutto le piaceva quel tipo coi capelli a spazzola che cantava aggrappato al microfono come se dovesse sempre cadere da un momento all'altro.
Gestire il loro sito internet, divulgare le notizie, le idee della band non era un semplice passatempo. Era una vera passione. Poi però era arrivato il signor Lanzetti, la Accor Recordings e i Tropea Onions erano passati da perfetti sconosciuti a imperfetti medio conosciuti. Così Serena si era ritrovata di botto a dover gestire non solo un sito internet, ma tutto uno stuolo di ragazzine adoranti e schiave dei social network.
Il demo degli Onions era un misto di grunge, punk e spruzzate dark alla Cure, in un'accozzaglia di suoni che il critico di punta di Metal Radar per primo aveva definito “pungente ed elegante al tempo stesso”, ma che gira gira era solo un riciclare brani minori di gruppi poco famosi degli anni settanta e ottanta. Questo pensava nella realtà Gregory, a cui spesso toccava litigare con Willie, il batterista del gruppo, per le sue idee lievemente strampalate sulla scenografia e lo stile della band durante le esibizioni. Eppure, nonostante dissapori e litigi, Amilcare Lanzetti ci aveva visto giusto e il loro brano di punta “Onanismo apatico” restava stabile al quarto posto delle charts milanesi come pezzo heavy più trasmesso dalle radio.
Il 12 febbraio gli Onions erano di scena all'Indian Saloon e il locale era pieno già mezzora prima dell'inizio del concerto. Quella sera avrebbero festeggiato i primi due anni di vita del gruppo e tutti erano contenti. Era contento Amilcare, che vedeva il suo investimento iniziale a poco a poco moltiplicarsi. Era contenta Serena, che rimediava un bel gruzzolino vendendo maglie e spillette della band. Era contento il settantacinque per cento calabro della band. Erano contenti pure i trecentoquindici paganti e i gli oltre duemila spettatori, paganti anche loro, che avrebbero seguito il concerto in streaming sul sito della band. L'unico che proprio non riusciva ad essere contento era Greg.
Da oltre venti minuti se ne stava rinchiuso dentro il cesso nel retro del locale, a fumare sigarette e a bere soda. Ne aveva bevuti già quattro bicchieri e ancora non era soddisfatto del suo growl, che, nonostante partisse bene non faceva altro che sfociare in un sonoro rutto al retrogusto amarognolo di lime strizzato.
Continuava a guardarsi allo specchio e ad emettere ululati e vocalizzi che non lo soddisfavano.
“Greg, sei pronto?” urlò Riccardo da fuori, chitarra alla mano.
“Iniziate voi. Sto arrivando.”
“Partiamo con Spegni Tutto e l'intro dura solo due minuti, non te lo scordare!”
“Sta tranquillo, me lo ricordo.”
Ed era vero. Greg lo ricordava bene che l'intro di “Spegni Tutto” durava intorno ai due minuti. Quello che non ricordava mai era la strofa di apertura del pezzo. Si confondeva sempre con la seconda e tutte le volte che accadeva Willie, che era l'autore del pezzo, gli lanciava occhiate di fuoco. La verità era semplice: per Greg tutti i pezzi scritti da Willie facevano cagare e di conseguenza gli veniva difficile mandarli a memoria.
Era un po' come imparare le poesie in quarta elementare in fin dei conti. Arriva sempre quel punto in cui si incespica e si rimane a guardare il vuoto con occhi ebeti.

( tratto da "Greg and the Tropea Onions" - MDX Ediz. 2003 )

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