Se non fosse per la
"cazzatona" sparata da Saviano, che ieri meritava il terzo posto nella nostra personale
classifica settimanale di stronzaggine, mi sarei persino dimenticato di aver mai visto Django. Django è un film "già", nel senso che è un film che quando incontri qualcuno prima o poi uno dei due chiede :"...e te Django lo hai già visto?". Questo capita quando la pubblicità di un film, le interviste al regista, le anteprime su Ciak (esce ancora?), i quindici trailer, ecc, sono più importanti del film stesso. La qualità effettiva di un "film già" è assolutamente irrilevante, infatti chiunque, più o meno inconsciamente, avrà deciso se il film è un capolavoro o una fetecchia mesi prima di vederlo (se lo farà mai) e difenderà la propria ragione con le unghie e con i denti.
Django non mi è spiaciuto, lo ammetto, rispetto a "Bastardi senza Gloria" mi sono annoiato molto meno ma l'ho trovato ugualmente scontato e vuoto. Però Tarantino avrebbe bisogno di qualcuno che lo obbligasse a tenere i film sotto le due ore. Così magari si troverebbe costretto a rinunciare a riempire i film di niente solo per coccolare il suo ego già sufficientemente espanso verso più infinito.
Valga come esempio su tutti lo scozzo finale tra Waltz e diCaprio. Il cui esito è telefonato dall'inizio della scena eppure questa si trascina in un interminabile botta e risposta tra i due, moscio come un biscotto nel thè caldo, per una decina di interminabili minuti completamente privi di tensione. Se Tarantino avesse avuto un limite si sarebbe accorto che aveva a disposizione solo pochi minuti e l'avrebbe conclusa con un lampo inatteso come ai cari vecchi tempi della scommessa nel finale del suo episodio di Four Rooms. Che vale anche come esempio di come, Tarantino, quando vuole, sa omaggiare in maniere sovversiva e originale.
Un ultima parola sulla "riflessione" di Saviano. L'ho definita una "cazzatona" più per come viene esposta, il solito misto di retorica alla melassa misto a patetismi da nonna papera, esprime un concetto interessante : il film è ambientato nel 1859 ma è meno ieri di quanto ci si voglia illudere oggi. Peccato poi gongoli su come questo film appaghi quella "giusta" sete di vendetta (confusa con la giustizia, che sempre più sembra meno un concetto e più un attributo di Dio) per le ingiustizie del mondo. E segua tracciando un parallelo con la vicenda degli schiavi a Lecce.
Personalmente non credo che il parallelismo possa reggere sotto il peso finale dell'invito a schierarsi a favore degli sfruttati e dei vilipesi. Probabilmente Saviano non ha visto il film e cercava soltanto una parola da mettere nel titolo per attirare l'attenzione su una giusta causa, un trucco un po' meschino ma d'effetto, lo avesse scritto qualche mese fa probabilemente l'avrebbe intitolato :"i Pockemon mi ricordano gli schiavi di Lecce". SE lo avesse visto si sarebbe accorto che nonostante il protagonista di colore è una tranquilla fantasia piccolo borghese di potenza, il sogno segreto che alberga in ognuno di noi di subire ingiustizie tremebonde che poi ci giustifichino mentre commettiamo qualsiasi atrocità. (Esempio:il meraviglosamente, involontariamente, auto-ironico, "
Commando" )Alla fine Django è davvero il nero su un milione che, avvallando in pieno le teorie del frenologo diCaprio che, almeno sulla carta nelle intenzioni del film dovremmo trovare ridicole, trascende la razza, diventa un assassino come un bianco qualsiasi e ,mica organizza la rivolta e si batte per i diritti dell'uomo, no, fa una cazzo di strage pieno di autocompiacimento, si riprende la sua donna, che è una principessa e va solo salvata, e alla fine va in culo a tutti per i fatti suoi.
Mi sembra l'opposto di quello su cui Saviano vorrebbe farci riflettere. Ma magari io il film l'ho visto.
P.s
Va in Calce che tanto a Tarantino quanto a Saviano, come persone e anche semplicemente in quanto professionisti non sono degno di lavare i piedi il giovedì santo. Ma ho una tovaglia a quadri rossi e bianchi , e una bottiglia di vino. Ho diritto a quest'opinione.